Quando il sole tramonta la sera del giovedì, finisce
il periodo quaresimale. Inizia, così, il triduo pasquale della morte e
risurrezione del Signore, con una celebrazione liturgica solenne che è
il compendio sacramentale dei misteri della salvezza. Nell’Eucaristia è
infatti dato il mistero pasquale nella sua interezza e si fa comunione
con il Signore morto e risorto.
Le funzioni liturgiche, iniziate con la Domenica
delle Palme, proseguono con i riti della Settimana Santa che hanno luogo
nei paesi del nostro sud con origini molto antiche e che hanno
mantenuto intatta tutta la loro forza suggestiva. Queste celebrazioni
traggono la loro origine dai riti tradizionali portati nel nostro
meridione dalla cultura spagnola e risalgono al Seicento, periodo della
dominazione aragonese.
Le liturgie della rappresentazione della passione e
morte del Cristo vengono ancora celebrate con antichi cerimoniali della
tradizione medievale, mediati da quella iberica, fuse insieme ad
antichissime usanze religiose locali.
È un’esperienza unica ed emozionante assistere a
questi momenti liturgici: l’Ultima Cena il giovedì santo, la processione
dell’Addolorata che segue il Cristo che porta la croce la mattina del
venerdì, la Pietà nel pomeriggio, la processione dei Misteri, sempre la
sera del venerdì, ed infine il culmine nell’incontro della Domenica di
Pasqua.
Un ruolo di particolare importanza viene svolto dalle
Confraternite che partecipano alle sacre rappresentazioni sfilando nei
loro antichi e suggestivi costumi.
Ognuno di questi riti ha ovviamente il suo particolare fascino e nasconde momenti che toccano profondamente il cuore dei fedeli.
Il triduo viene aperto con la rappresentazione
dell’ultima cena di Gesù con gli apostoli. Fino a non molti anni fa, era
appannaggio esclusivo dei confratelli della congrega del SS.mo
Sacramento rappresentare i dodici apostoli, che si sedevano su delle
panche poste su un palco sollevato, in maniera che tutti potessero
vedere ciò che si svolgeva su di esso, nella navata centrale della
nostra Chiesa Matrice.
Da un certo numero di anni, invece, gli apostoli sono
stati rappresentati anche da giovani, da lavoratori e da persone
comuni. Ad un certo punto della Santa Messa il sacerdote si cinge di un
asciugamano e, in ginocchio, passa a lavare, asciugare e baciare a turno
il piede dei dodici. Quanto senso e quanta logica della follia
cristiana è racchiusa in questa azione simbolica di un figlio di Dio,
Signore dell’universo, che si piega e si umilia in un servizio così
umile: lavare e baciare i piedi agli altri. È l’esempio. L’esempio dato
da Gesù. Non sono parole che volano, spesso inutilmente, che escono
dalla bocca e si disperdono nell’aria senza portare alcun frutto, senza
lasciare niente nel cuore di chi ascolta. È l’insegnamento con cui
Cristo ha commentato il proprio gesto: “Voi mi chiamate Maestro e
Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il
Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli
uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io,
facciate anche voi” (Gv 13, 13-15).
È proprio in questa occasione che Gesù sottolinea, e
con l’esempio, la necessità di servire: “Il Figlio dell’uomo infatti non
è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in
riscatto per molti” (Mc 10, 45), e istituisce i Sacramenti
dell’Eucarestia e del Sacerdozio, consegnando ai discepoli il
Comandamento dell’Amore (“Amatevi gli uni gli altri come io ho amato
voi”, Gv 13,34).
Dopo la Comunione, il corpo di Cristo, presente nelle
ostie consacrate contenute nella Pisside viene accompagnato fino al
luogo della reposizione nella cappella del Santissimo Sacramento. È
allora che l’assemblea si scioglie in silenzio e da quel momento
iniziano i turni di veglia e di adorazione mentre le campane taceranno
fino alla notte di Pasqua.
- Testo a cura di Stellario Belnava, tratto dal Mensile "L'Agorà Polistenese" disponibile sul sito www.duomopolistena.it.